Carlos Castaneda, studioso, antropologo interessato alla scoperta del mondo e di più mondi, afferma in un'intervista: “Secondo la visione degli antichi veggenti, l’essere umano è essenzialmente una creatura la cui prima ragion d’essere consiste nel percepire. La percezione è il senso della vita, è su essa che si fonda e prende forma la realtà. Il problema è che l’essere umano si è ridotto a percepire un’unica realtà, quando invece fu creato per percepire e per vivere anche in altre realtà, in altri mondi sviluppando così il proprio essere in un continuo processo evolutivo.”[1].
Secondo Castaneda la percezione ordinaria ci racconta solo una parte della verità. “La percezione ordinaria non ci rende consapevoli dell’intera verità. Vi è ben altro al di là del semplice transitare sulla terra, del nutrirsi e del riprodursi”, “Il buon senso non è altro che la risultante di un lungo processo educativo che ci impone quale unico strumento di verità la percezione ordinaria. L’arte della stregoneria consiste proprio nell’imparare a smascherare e distruggere questo pregiudizio percettivo”.
Castaneda afferma come la fenomenologia gli abbia offerto la struttura teoretico-metodologica cui è ricorso per apprendere gli insegnamenti di don Juan. Secondo questa disciplina, l’atto del conoscere dipende dalla intenzione, non dalla percezione. Quest’ultima è sempre soggetta alle mutazioni storiche, vale a dire alla conoscenza acquisita dall’individuo che inevitabilmente si trova a vivere in una determinata cultura.
“Il compito che don Juan mi aveva affidato”, dice, “consisteva nell’incrinare, a poco a poco, i pregiudizi percettivi, fino ad arrivare a una loro completa rottura”. La fenomenologia “sospende” il giudizio e pertanto si limita alla descrizione del puro atto intenzionale.” [2].
“L’altro mondo – cui don Juan aveva accennato fin dal primissimo nostro colloquio – era sempre stato solo una metafora, un’oscura maniera per etichettare una qualche distorsione percettiva, o tutt’al più un modo di alludere a qualche indefinibile stato dell’essere. Benché don Juan mi avesse fatto percepire indescrivibili caratteristiche di quel mondo “di la”, non potevo considerare le mie esperienze altro che un gioco della percezione, un inganno dei sensi, una sorta di miraggio che lui, don Juan, mi aveva procurato, o mediante delle erbe psicotropiche, o con altri mezzi che non potevo comprendere razionalmente. Ogni volta che ciò era accaduto, io mi ero consolato all’idea che l’unità dell’”io” che mi era familiare fosse stata solo temporaneamente spiazzata. Inevitabilmente – non appena ripristinata quell’unità – il mondo tornava ad essere un santuario inviolabile per il mio “io” razionale.” [3]
“Don Juan mi spiegò che per loro percepire l’essenza energetica delle cose era la meta più alta. Era di tale importanza che la trasformarono nella premessa fondamentale della stregoneria. Oggi, dopo una vita di esercitazioni e disciplina, gli stregoni acquistano la capacità di percepire l’essenza delle cose, e la chiamano vedere.
“Che significato avrebbe per me percepire l’essenza energetica delle cose?” chiesi una volta a don Juan.
“Vorrebbe dire che percepisci l’energia direttamente” mi rispose. “Separando la parte sociale, tu percepirai l’essenza di tutto. Qualsiasi cosa noi percepiamo è energia, ma poiché non siamo in grado di recepirla direttamente, trattiamo la nostra percezione in modo che si adatti a una forma. Questa è la parte sociale che tu devi separare.”
“E perché devo separarla?”
“Perché riduce deliberatamente la portata di quanto può essere percepito e ci fa credere che la forma cui abbiamo adattato le nostre percezioni è la sola cosa che esista. Sono sicuro che per la sopravvivenza di un uomo, oggi, la sua percezione deve cambiare alla base sociale.”
“Che cos’è questa base sociale della percezione, don Juan?”
“La certezza fisica che il mondo è fatto di oggetti concreti. Io la definisco base sociale perché tutti esercitano un serio e considerevole sforzo per condurci a percepire il mondo così.”
“Come dovremmo percepirlo, il mondo?”
“Tutto è energia. L’intero universo è energia. La base sociale della nostra percezione dovrebbe essere la certezza fisica che l’energia è ciò che conta. Dovremmo fare un grande sforzo per portarci a percepire l’energia come tale. Dopo, avremmo a disposizione entrambe le alternative.”
“E’ possibile preparare qualcuno in questo senso?” domandai.
Don Juan rispose di sì, spiegandomi che era proprio quello che stava facendo con me e con gli altri apprendisti. Ci stava insegnando una nuova via alla percezione, primo, rendendosi consapevoli del processo cui sottoponiamo la percezione per adattarla a una forma e, secondo, guidandoci con fermezza a percepire direttamente l’energia. Mi assicurò che questo metodo era molto simile a quello usato per insegnarci a percepire il mondo della quotidianità.
Secondo don Juan, il nostro convincimento a trattare la percezione perché si adatti a una forma sociale, perde la sua forza quando ci accorgiamo che abbiamo accettato questa forma, quasi come un’eredità dei nostri antenati, senza preoccuparci di esaminarla.” [4]
Ci capita di stare con qualcuno, davanti a qualcuno, di vederlo, di guardarlo, ma di non stare veramente in contatto con questa persona, di non cogliere aspetti interessanti, fondamentali.
Scrive J. Zinker: “Negli anni ho scoperto che tanta gente soffre di cecità funzionale. Non solo non notiamo i particolari visivi del nostro mondo, ma spesso ci sfugge l’evidenza. Nel mio lavoro uso molto gli occhi; qualche volta mi aiutano a scoprire ciò che il linguaggio della persona non mi dice …
Nella psicoterapia della Gestalt iniziamo un incontro vedendo chiaramente il paziente in superficie. La sola superficie può dirci un sacco di cose, poiché contiene molti indizi sulla vita interiore della persona. La visione castanediana fa un salto creativo al di là di questo incontro visivo iniziale. Attraversa la superficie della persona per giungere al suo centro, alla sua essenza. E’ come se il mio stesso centro diventasse una sorgente di luce, di chiarezza, diretta al centro dell’altra persona.”
L’incontro castanediano è un incontro “cuore a cuore”, In quei rari momenti in cui si è in condizioni tali da riuscire a penetrare come un laser nell’altra persona, si possono rompere alcune regole standard di preparazione e gradualità ed entrare velocemente nel dialogo con l’esperienza interiore dell’altro.” [5]
Ancora Castaneda: “Ti ho ripetuto migliaia di volte che essere troppo razionale è un handicap. Gli esseri umani hanno un senso della magia molto profondo. Noi facciamo parte del misterioso. La razionalità è solo una vernice superficiale. Se grattiamo quella superficie, sotto troviamo uno stregone. Tuttavia alcuni di noi hanno grandi difficoltà ad arrivare sotto lo strato superficiale, mentre altri lo fanno con facilità estrema.” [6]
Aneddoto di Jodorowsky: “Preoccupato, Isan chiese a suo maestro Gyosan:
“Maestro, la vita mi preoccupa. Mi sento inondato dalla sua molteplicità. Milioni di cose mi vengono addosso e mi attraggono. Ne sono invaso. Questo mi fa disperare.”
“Non ti preoccupare. La tua percezione non può captare più di una cosa per volta. Perciò è inutile che ti preoccupi in anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta, esso è unico. Non è tutti gli oggetti. Accettalo per quello che è e vivilo. Non esistono milioni di istanti da vivere. Non esiste altro che l’istante presente. Gli altri verranno dopo. Sono in cammino per trasformarsi nell’istante presente, ma se rimani calmo e tranquillo, senza metterti a fare troppe elucubrazioni o farti prendere dalla ansia, verranno uno dietro l’altro e la tua vita scorrerà serena.”
(1) Si vive solo due volte : interviste a Carlos Castaneda, Roma, Stampa alternativa, 1997, (Già pubbl. in: Details magazine, Mutantian e Magical bland. - Trad. di Roberto Fedeli, Matteo Guarnaccia).
(2) Si vive solo due volte…Op. cit, pp. .73-74
(3) C. Castaneda, Il secondo anello del potere, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1990:301-301
(4) C. Castaneda, L’arte di sognare, Milano, Rizzoli, 2000:14-15.
(5) J. Zinker, Processi creativi in Psicoterapia della Gestalt, Francoangeli , 2001:221-222.
(6) C. Castaneda, Il potere del silenzio, Milano, Rizzoli, 2001:184.
tratto da: http://www.infinitafollia.it
Nessun commento:
Posta un commento