Stefano Bartoli e Corrado Malanga, ricercatore a Pisa: so che dicono la verità«Uso una tecnica sicura per scavare nella memoria, raccontano di una stanza luminosa e di una specie di Tac»
PISA. «La camera da letto improvvisamente si riempe di luce, le pareti diventano trasparenti e vieni prelevato da una forza misteriosa. Poi c’è una stanza simile a quella dove negli ospedali viene effettuata la Tac: infatti, ben presto ti ritrovi in un tubo cilindrico, talvolta immerso in un liquido, e diventi l’oggetto di una serie di operazioni decisamente non piacevoli. Il tutto davanti a esseri di appena un metro e venti centimetri o, a seconda dei casi, altissimi o magari simili ad un grosso coccodrillo che riesce a reggersi ben dritto sulle zampe posteriori».Insomma, un bell’incubo almeno per la scienza ufficiale. Ma per alcuni studiosi è qualcosa di molto più consistente e cioè la descrizione di un rapimento, di un “abduction” (come viene definito ufficialmente in inglese), da parte di esponenti di una civiltà aliena in visita molto interessata al nostro pianeta. Una descrizione fatta emergere con tecniche di “ipnosi regressiva” che hanno interessato in modo approfondito ben 400 individui, a cui se ne aggiungono almeno altri 200 in versione più embrionale. Corrado Malanga, 56 anni, spezzino di nascita, ricercatore di chimica organica all’Università di Pisa, si occupa di “Unidentified Flying Objects”, oggetti volanti non identificati, praticamente da una vita. Un interesse nato 38 anni fa (da pochi giorni è anche uscito il suo ultimo libro Alieni o demoni), «quando mi accorsi - spiega dalla scrivania del suo piccolo ufficio ricavato in un’ala semisotterranea del Dipartimento di chimica - che ad occuparsi di Ufo erano sempre stati storici, giornalisti e anche filosofi, ma mai scienziati. Per questo mi presentai al primo convegno del Centro ufologico nazionale portando una relazione sulle tracce lasciate al suolo dai veicoli extraterrestri analizzate attraverso la spettrometria di massa e la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare.
Tutto con l’idea di trasformare il linguaggio ufologico in linguaggio scientifico, operazione fallita perché sistematicamente rifiutata proprio dagli studiosi».Dagli Ufo ai rapiti. Ad un certo punto, circa vent’anni fa, ecco il salto di qualità, quello che portò Malanga sotto i riflettori dei grandi media (ieri l’inserto “Tuttoscienze” della Stampa gli ha dedicato una pagina, mentre sta ricevendo inviti a ripetizione da radio e tv, Rai compresa): il rapimento di persone per scopi di cui parleremo più avanti. E la ricostruzione di tali operazioni attraverso, come dicevamo, l’ipnosi regressiva, cioè una tecnica che permette di scavare nella memoria facendo emergere ciò che una persona neanche sospetta di avere nascosto nella mente. «Per molti - spiega ancora il ricercatore - sono diventato una persona a cui si possono esporre senza problemi cose che si ha invece paura di raccontare. Pensi che soltanto nel 2006 ho ricevuto qualcosa come 12mila messaggi da parte di vittime degli alieni e che nei primi mesi di quest’anno siamo già a diverse centinaia. Secondo i miei dati, più dell’uno per cento della popolazione italiana, circa 650mila persone, sono state rapite, analizzate e rilasciate; in Toscana la percentuale resta invariata, con almeno 35mila persone coinvolte, molte residenti nelle province di Pisa, Livorno, Lucca, Massa Carrara e Firenze».Comprendere il fenomeno. «L’ufologia - spiega Malanga - si era sempre occupata di analizzare fotografie, impronte e strutture molecolari del terreno. Ecco, io volevo invece guardare nella testa dei soggetti che sostenevano di avere vissuto esperienze con gli Ufo. Per questo ho utilizzato le tecniche di ipnosi regressiva elaborate dallo psichiatria americano Milton Erickson, basate sull’esame dell’inconscio visto come un hard-disk con funzioni di sola scrittura: una vola registrate le esperienze, non si possono più modificare». Una tecnica, sostiene il ricercatore, che non permette di dire menzogne, come dimostrato dalla letteratura scientifica relativa all’argomento. Ma per verificare che i soggetti dicano la verità, viene anche usata la cosiddetta “Pnl” o programmazione neurolinguistica, una scienza che si basa sull’assioma: «Dimmi come ti muovi e ti dirò chi sei», con il movimento del corpo che permette di distinguere tra ricordi reali e ricordi falsi. Oltre ad un test articolato su domande e risposte che, spiega Malanga, «ci serve come elemento discriminante».Racconti identici. Storie identiche, dice il ricercatore, che riguardano persone che neanche si conoscono. «Alcune storie sono sovrapponibili fin nei minimi particolari - aggiunge - ad esempio anche nelle descrizione degli alieni, riconducibili a quattro tipi diversi: un essere biondo, alto due metri e 80 centimetri, con la tuta attillata e l’occhio a pupilla verticale; un coccodrillo in piedi, con il muso da serpente e le mani palmate; una specie di mantide alta più di due metri; infine, un essere piccolo, alto un metro e 20 centimetri, con tre dita, il pollice opponibile, senza orecchie e con gli occhi grossi. Insomma, razze diverse che sembrano essersi messe d’accordo per un progetto comune che ci riguarda e che sono, ovviamente, di diversa provenienza: Orione, le Pleiadi, Sirio, la costellazione del Leone. Tutte origini molto lontane ed apparentemente irraggiungibili secondo le leggi fisiche terrestri, ma evidentemente a portata di mano di tecnologie più avanzate».Ma perché? Sì, perché, chiediamo a Malanga, questi alieni troppo curiosi avrebbero tanto interesse nei nostri confronti? «Sembramo molto avidi della nostra energia vitale - risponde - e vogliono spartirsi questa sorta di benzina che emanano i nostri corpi. Politici, scienziati, servizi segreti e chiesa sanno di questi fenomeni che preferiscono ignorare, con la difesa che è quindi tutta affidata all’individuo». Insomma, il caro e vecchio Et dalla testa grossa e dagli occhioni dolci stavolta sembra davvero cattivo. Link
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