domenica 9 febbraio 2014

Don Ciotti dal Papa: più che “odor di pecore addosso”, olezzo di “caprone”

di Antonio Margheriti Mastino -
Galoppando un caciocavallo


Se date una scorsa a google usando la parola chiave “papa francesco don ciotti”, avrete una e una sola foto con papa Francesco e Ciotti, una foto scattata anche male, da un cellulare probabilmente, dove la faccia scura del papa è emblematica.
Ciotti e padre Spadaro

Si tratta di un incontro privato, uno delle centinaia ogni settimana a Santa Marta, incontri informali e formali al contempo, dove ci si intrattiene col papa per qualche parola, convenevole, bazzecole varie. Incontri combinati senza particolari filtri, tant’è che si presentano abruzzesi produttori di caciocavalli; pretini di campagna; malati in carrozzella; politicanti in cerca di pubblicità; “vaticanisti” strapaesani il cui unico trascorso “vaticano” è aver cambiato pannoloni a qualche cardinale ladro emerito e che perciò sono passati dagli elzeviri sull’arciprete del paesello a quelli sui massimi sistemi ecclesiologici sino a dover scrivere libercoli demenziali sul papa “come io l’ho conosciuto” (magari solo per averlo visto sulla papamobile in San Pietro, come tutti) e sbandierare così un pretesto d’incontro aggiungendo al libro-omaggio autografato una forma di Grana Campana al posto della bufala e si spera comunque non alla diossina; umanità varia insomma, e mesta, disperatamente bisognosa di un quarto d’ora “con” la celebrità, e cattolici improbabili in cerca di emozioni forti e d’autore. Ordinaria amministrazione della papolatria mediatica, che scarica sulle chiacchiere il valore che dovrebbero avere i fatti. Ben inteso, ci vanno pure persone serie per questioni serie, non solo per vedere il papa e farcisi fotografare insieme per avere una foto “invidiabile” su facebook. O per tentare truffe e millantati crediti esibendola in giro.
“Mai incontrato i papi: non ho una giacca”
Col compagno di merende Napolitano
Don Ciotti si è vantato sempre di non aver “mai incontrato un papa”, se non da giovanotto, quarant’anni fa, “perché non ho una giacca”. Come a dire che si è semprerifiutato (non che lo avessero mai invitato), perché probabilmente non erano “degni” di lui; come a dire anche: loro non c’entrano niente con me e io con loro, e me ne tengo alla larga. Il prete che ha detto “mai mi sono sognato di commentare documenti dei papi”, quasi a dire “né mai ne ho letto uno”, è anche lo stesso che in questi giorni si è quasi smentito. Per l’una e l’altra cosa.


In fretta e furia, aiutato da quello spericolato e ambiziosissimo arrampicatore clericale del gesuita padre Spadaro, si è messo a presentare un libro sul papa circa la giustizia e la corruzione, dandone naturalmente la sua versione populistica, sinistrorsa e giacobina, da sedicente “etica laica” e di fatto travisandone e manipolandone il contenuto cristiano; anche perché, si capiva benissimo, quel libro non l’aveva affatto letto, non ne ha avuto il tempo e l’avesse avuto non l’avrebbe letto uguale: lagiustizia è Lui, don Ciotti, a che serve leggere quel che ne scrivono i papi? Basta commentarli e presentarne i libri, tingendoli di rosso.

Col compagno di merende Saviano

“Non avevo una giacca”. Leggi pure: io sono prete di strada non prete dei palazzi, come i papi. Ebbene quest’uomo che non aveva “una giacca” per poter incontrare i papi, nonostante i maglioni di puro cashmere finto trasandato, nonostante che, con o senza giacca, entri ed esca da tempo immemorabile da tutti i Palazzi del potere politico, mediatico, giudiziario ed economico, come ospite d’onore e cliente, essendo egli stesso una star potentissima e ricchissima della sinistra, signore e padrone assoluto di quel patrimonio faraonico di Libera, con centinaia di persone-dipendenti che a qualsiasi condizione si ritrovano a dover servire per tirare a campare, quest’uomo che a Torino può tutto e sembra essere al di là del bene e del male, tanto che né carabinieri, né finanza, né magistratura, né politici, né arcivescovi, né giornalisti torinesi hanno mai osato fiatare anche solo per porgli una innocente domanda figurarsi domandargli conto, e rompere così l’invalicabile cortina di silenzio fumogeno che lo circonda tra gli scrosci di applausi di popoli arancioni, viola, verdi e rossi col sottofondo di Bella Ciao, quest’uomo qui, infine si è visto costretto in men che non si dica, nell’arco di poche ore, a commentare un libro papale e a dover rimediare, domandando agli amici degli amici, un incontro seppure privato e fugace, con o senza giacca, con papa Francesco, a Santa Marta.
Il “prete degli ultimi”. Che ogni tanto picchiava

Con i compagni di merende Grasso e Boldrini

Avrebbe voluto appresso giornalisti amici e cameramen: il Vaticano gli ha fatto sapere che non gli sarebbe stato dato neppure il fotografo ufficiale di Santa Marta: solo un saluto al papa, e poi sparire. Pazienza, il Ciotti disperato e frettoloso, ha risolto rubando una mezza foto insieme al papa facendosela scattare a tradimento dal cellulare di un amico presente. E l’ha data ai giornali amici, ossia di sinistra, dove già prima aveva preso accordi perché lo intervistassero circa l’“epocale” incontro, che come minimo doveva segnare “una svolta nella Chiesa”. Nonostante la semi-clandestinità e il clima cupo nel quale è avvenuto.
Ma perché tutta questa fretta di presentare, stranamente, invece che libri di leader della sinistra o giacobini idolatri di carte costituzionali o di professionisti e affaristi dell’antimafia delle chiacchiere, come consueto, libri di papi? Perché questo contraddire improvviso la sua filosofia di una vita intera del non possedere “giacche” per non dover incontrare papi? È presto detto.
Un maquillage facciale

Il Ciotti doveva rifarsi il maquillage facciale ed essere pubblicamente ancora ri-presentabile. Una foto con un papa tanto nazional-popolare sarebbe stata meglio che il disinfettante, meglio di un balsamo sulle sue ecchimosi facciali. Per riprendersi dalla botta delle botte date a un povero dipendente delle sue aziende “buoniste”, un precario che gli chiedeva di essere regolarizzato e che per tutta risposta ha ottenuto schiaffoni da don Ciotti, nel silenzio dei media (vedi QUI). Finché qualcosa è filtrata e il personaggio mediatico che interpreta l’Uomo della Costituzione e dei Diritti dei Lavoratori, il paladino della Legalità, gli è crollato addosso, essendo notoriamente costruito, come si diceva, di cartapeste da palinsesti mediatici. E all’apparir del vero tu misera cadesti…
Io non sono come il papa. È lui che è “come me”. Modestia a parte

Funerali di don Gallo, bandiere gender e pugni chiusi

Ma questo è avvenuto su piccole aree mediatiche, non sui grandi media. Perché Ciotti ha amici potentissimi ovunque, essendo egli stesso un loro pari. Avendone anche nei giornali e tra i parlamentari, ne ha approfittato, strumentalizzando il papa con la scusa della “lotta alle mafie” (quella berlusconiana compresa), per un rilancio di immagine. Con tanto di titoloni e interviste concordate sui massimi quotidiani nazionali. Tirandosi appresso per la mozzetta il papa e pulendocisi pubblicamente. Naturalmente, il papa non aveva previsto né sospettato niente di tutto questo giochetto tra potenti e amici degli amici e compari nella corte pontificia. Ma nonostante ciò siamo stati informati da Ciotti, che non lui è “come il papa”, bensì il papa “è come me”. Modestia a parte.

Col compagno di merende Bersani

Non risulta però che il papa abbia malmenato mai dei bisognosi. Non risulta neppure abbia mai fatto comizi. Non risulta neppure essere comunista come Ciotti né che come lui abbia mai cantato Bella Ciaodurante le messe, e anzi, proprio per opporsi alla Teologia della Liberazione, sostenuta dallo stesso Ciotti, il gesuita Bergoglio, uno dei pochi gesuiti latinoamericani a non aver perso la testa e imbracciato le armi per darsi alla rivoluzione “proletaria”, è finito lui carcerato dai suoi stessi confratelli dentro il convento, per punirlo del fatto che ostinatamente si rifiutasse di giurare fedeltà alle dottrine marxiste, preferendo restare fedele al Vangelo e alla Rivelazione più che alla rivoluzione, continuando a impugnare il rosario piuttosto che il mitra. E uno così sarebbe “come” Ciotti?
La faccia scura del papa
Col compagno di merende Pisapia

Attenzione a un particolare. Nelle interviste. Ciotti mentre strumentalizza a fini personali e, giacché c’era, politici il papa, mentre dice che è “come me” e tal quale “la pensa” non cita mai, però, quel che il papa gli avrebbe detto, semmai qualcosa gli ha detto: nessuna citazione diretta, semplicemente gli mette direttamente lui le parole in bocca improvvisandosi suo “interprete”, coarta pensieri papali dai “silenzi”, dallo “sguardo”, dal “sorriso” del papa. Perché evidentemente il papa non gli ha detto una beata mazza di niente, e forse neppure sa di preciso chi è questo don Ciotti. O forse sì e no: pare sia stato all’ultimo minuto delucidato da qualche collaboratore, ed ecco spiegata la faccia scura del papa, senza sorriso.

Don Ciotti, infatti, non è poi solo un prete da “strada” e “contro tutte le mafie” presunte, non è solo un prete “rosso”. È qualcosa di leggermente più compromettente, per un prete e per un papa che andasse a inciamparci disgraziatamente con dei fotografi presenti: don Ciotti (vediQUI per un’ampia panoramica) è infatti da anni un abortista, ha sostenuto le campagne pro preservativo, è divorzista, è stato un attivista per la liberalizzazione degli stupefacenti, ha abbracciato tutte le campagne radicali e comuniste nel corso dei decenni, e oggi quella arcobaleno. Tutte cose alle quali il papa è giustamente come minimo “allergico”, nel senso che in tutto quel che concerne la morale sessuale, la famiglia e la vita, logicamente, si definisce “figlio della Chiesa”, ossia non ha opinioni personali, come non debbono averne i preti (e i cattolici), laddove le “certezze” gliele offre definitivamente il Catechismo e la Dottrina.
Ma tant’è!
Gad Lerner: “Facciamo Ciotti presidente della CEI”
Coi compagni di merende Caselli e Travaglio

Fatto il colpaccio che doveva rifargli un’immagine, i suoi amici giornalisti di sinistra sono stati al gioco, hanno pure strafatto: articoli, opinioni, interviste su grandi giornali e blog, a sottolineare di come Francesco sia “simile” a Ciotti e quanto come Ciotti è “rivoluzionario” e progressista, tant’è che da un momento all’altro dovrebbe finalmente “stravolgere” la Chiesa così come Ciotti ha stravolto il sacerdozio, e fare, vivaddio!, una Chiesa senza gerarchia e composta da comitati centrali di donne, gay, liberi pensatori, preti sposati, divorziati, con tanta libertà sessuale per tutti, previo preservativo e se si rompe con aborto garantito da assoluzione automatica. Il tempio di Lucifero praticamente e il lupanare del mondo. La schiava del pensiero unico dominante.

I titoli di giornali e blog di star del giornalismo all’italiana sull’incontro “profetico” tra Ciotti e Francesco susciterebbero grasse risate per le sparate pacchiane, non fosse che li salva la sincera ignoranza.

Quello spaventa-passere di Gad Lerner, ateo del tutto ignorante in fatti religiosi e proprio perciò sempre lì a impicciarsene, ha esordito, naturalmente non sapendo di cosa stesse parlando, proponendo l’intimo amico Ciotti a presidente delle CEI; sul sito ultra-progressista VinoNuovo è sembrato che troppo ne avessero versato di vino nei boccali quando hanno proposto la nomina a vescovo di Ciotti, come se il sacramento episcopale fosse un premio. Su Repubblica, giornale radicale più che amicissimo fratello di latte del Nostro, si dice che Bergoglio è “sulla stessa strada” di Ciotti, a detta di Ciotti stesso, e va da sé, pare di leggere tra le righe, ecco a voi bello e pronto un futuro cardinale, se non addirittura il successore di Bergoglio stesso.

E via con titolature di questo tenore.

Profondo rosso

Ah, un’altra cosa:il sottofondo, il leit motiv di ogni articolo celebrativo degli amici degli amici diCiotti=Francesco, era questo: “Così come Francesco vuole, don Ciotti ha l’odore delle pecore addosso”. Per via dei maglioni di cashmere bertinottiani, viene da pensare.

Delle botte riservate, poco prima, a una di quelle pecore, magari “smarrita” al conformismo silente e sottomesso che esige il Signore e Padrone di Libera e di Abele, e di tutto il cucuzzaro, nessun cenno. A prescindere, per gli amici, don Ciotti ha addosso “l’odore delle pecore”.
A noi sembra piuttosto olezzo di caprone.


Fonte: http://www.qelsi.it/2014/don-ciotti-dal-papa-piu-che-odor-di-pecore-addosso-olezzo-di-caprone/

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