La somma
L’attrito
Dove finiscono i soldi
La produttività dei politici
Abbassiamo le tasse!
Uno dei principali argomenti di discussione politica in questo periodo è la riduzione delle tasse: molti politici vogliono abolire qualche tassa (una su tutte: l’IMU) e con questo argomento riescono ad ottenere un grande seguito.
Queste promesse, però, si scontrano con l’aritmetica più elementare: se le spese dello Stato sono dieci, e si è deciso di non aumentare il debito pubblico, le entrate devono essere dieci. Se si elimina una tassa che rendeva uno ci sono due possibilità: o si portano le spese a nove (ma i paladini dell’abolizione delle tasse si guardano bene dallo spiegare come) oppure le altre tasse da nove dovranno salire a dieci.
In effetti è quello che è successo con l’abolizione dell’IMU sulla prima casa, che ha reso necessario l’aumento di un’altra tassa, l’IVA, con un gioco a somma zero. Il carico fiscale si è spostato, in questo caso in modo particolarmente iniquo (l’IMU la paga solo chi è proprietario di casa, l’IVA la pagano tutti, anche i poveracci che non possiedono neppure la prima casa).
Se si agevola il trattamento previdenziale di un gruppo di persone, tutti gli altri dovranno pagare per questo privilegio, versando più contributi o ottenendo meno soldi quando andranno in pensione. Anche in questo caso, se entra nove ed esce dieci, ciò che manca deve essere recuperato da qualche parte. Il politico che ottiene un trattamento privilegiato per un gruppo di persone è (ovviamente) osannato dai beneficiati: ma tutti gli altri, di solito indifferenti, dovrebbero invece fargliela pagare.
Quello che guadagnano gli uni perdono gli altri, ma per sovrappiù è necessaria un bel po’ di attività burocratica, con spreco di tempo ed energie. In questo caso il fenomeno è meglio descritto dalla fisica che, nel mondo reale, prevede per ogni movimento degli attriti che riducono l’energia totale. Gli attriti causati dalla burocrazia rallentano il paese fino a schiantarlo.
Si arriva al paradosso delle tasse che servono a pagare chi le impone, un po’ come se si mettesse un pedaggio su un ponte al solo scopo di pagare il casellante. Se si smettesse di pagare queste persone, si potrebbero eliminare molte tasse.
In realtà non è detto che l’approvazione di un gran numero di leggi sia un bene per il paese, visto che spesso rappresentano una complicazione della normativa per favorire qualcuno. Il corpus legislativo dovrebbe essere semplice. Nella situazione in cui ci troviamo (20.000 leggi nazionali, 30.000 leggi regionali, 70.000 regolamenti (2)) dovrebbe essere enormemente sfrondato con provvedimenti che lo riorganizzino da capo.
E’ chiaro che invece i politici hanno tutto l’interesse a che la normativa sia molto complicata e che nelle sue pieghe possano trovare modo di avvantaggiare persone che potranno ricambiare. Non ci sarà una svolta verso la semplificazione e l’efficienza fino a quando la gente non avrà una visione globale della società e smetterà di dare il suo consenso a chi fa promesse avventate senza tenere conto dell’aritmetica più elementare.
Alberto Viotto
Se qualche lettore trovasse questo articolo interessante o ne volesse discutere, all'autore farebbe piacere ricevere delle e-mail all'indirizzo: alberto_viotto@hotmail.com
NOTE
1) www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/263733/
2) www.corriere.it/editoriali/13_luglio_31/sformato-legislativo-ainis
Queste promesse, però, si scontrano con l’aritmetica più elementare: se le spese dello Stato sono dieci, e si è deciso di non aumentare il debito pubblico, le entrate devono essere dieci. Se si elimina una tassa che rendeva uno ci sono due possibilità: o si portano le spese a nove (ma i paladini dell’abolizione delle tasse si guardano bene dallo spiegare come) oppure le altre tasse da nove dovranno salire a dieci.
In effetti è quello che è successo con l’abolizione dell’IMU sulla prima casa, che ha reso necessario l’aumento di un’altra tassa, l’IVA, con un gioco a somma zero. Il carico fiscale si è spostato, in questo caso in modo particolarmente iniquo (l’IMU la paga solo chi è proprietario di casa, l’IVA la pagano tutti, anche i poveracci che non possiedono neppure la prima casa).
La somma
Ogni riduzione o agevolazione comporta un costo che qualcuno (di solito tutti i non agevolati) deve pagare. Se si stabilisce una “zona franca” in cui si pagano meno tasse sui prodotti venduti, gli abitanti del resto del paese dovranno pagarne un po’ di più (oltre ad avere un’attività economica ridotta, perché molti andranno a comprare nelle zone agevolate).Se si agevola il trattamento previdenziale di un gruppo di persone, tutti gli altri dovranno pagare per questo privilegio, versando più contributi o ottenendo meno soldi quando andranno in pensione. Anche in questo caso, se entra nove ed esce dieci, ciò che manca deve essere recuperato da qualche parte. Il politico che ottiene un trattamento privilegiato per un gruppo di persone è (ovviamente) osannato dai beneficiati: ma tutti gli altri, di solito indifferenti, dovrebbero invece fargliela pagare.
L’attrito
In realtà il bilancio di ogni favoritismo non è in equilibrio. Ogni nuova legge o normativa pensata per favorire qualcuno di solito comporta una rilevante complicazione della normativa. Certe agevolazioni sull’edilizia, ad esempio, richiedono raccomandate, moduli da compilare, bonifici effettuati in modo peculiare e consistono nella riduzione delle tasse suddivisa su dieci anni, per cui per dieci anni se ne dovrà tenere conto nella dichiarazione dei redditi, così complicata da dover essere gestita da un commercialista.Quello che guadagnano gli uni perdono gli altri, ma per sovrappiù è necessaria un bel po’ di attività burocratica, con spreco di tempo ed energie. In questo caso il fenomeno è meglio descritto dalla fisica che, nel mondo reale, prevede per ogni movimento degli attriti che riducono l’energia totale. Gli attriti causati dalla burocrazia rallentano il paese fino a schiantarlo.
Dove finiscono i soldi
Si è parlato della costanza del totale delle tasse in costanza del totale della spesa pubblica: in realtà molte spese si potrebbero ridurre, togliendo dei privilegi a delle classi di persone, ma questo argomento è al di fuori dello scopo dell’articolo. Quello che vorrei sottolineare in questo articolo è che una parte non irrilevante di queste spese serve proprio a pagare i politici che dopo lunghe discussioni elaborano complicate normative e l’esercito di burocrati che le applicano.Si arriva al paradosso delle tasse che servono a pagare chi le impone, un po’ come se si mettesse un pedaggio su un ponte al solo scopo di pagare il casellante. Se si smettesse di pagare queste persone, si potrebbero eliminare molte tasse.
La produttività dei politici
Si sente parlare a volte della “produttività dei politici”: quante leggi hanno fatto? Se i politici approvano poche leggi si arriva a dire che sono poco produttivi (1).In realtà non è detto che l’approvazione di un gran numero di leggi sia un bene per il paese, visto che spesso rappresentano una complicazione della normativa per favorire qualcuno. Il corpus legislativo dovrebbe essere semplice. Nella situazione in cui ci troviamo (20.000 leggi nazionali, 30.000 leggi regionali, 70.000 regolamenti (2)) dovrebbe essere enormemente sfrondato con provvedimenti che lo riorganizzino da capo.
E’ chiaro che invece i politici hanno tutto l’interesse a che la normativa sia molto complicata e che nelle sue pieghe possano trovare modo di avvantaggiare persone che potranno ricambiare. Non ci sarà una svolta verso la semplificazione e l’efficienza fino a quando la gente non avrà una visione globale della società e smetterà di dare il suo consenso a chi fa promesse avventate senza tenere conto dell’aritmetica più elementare.
Alberto Viotto
Se qualche lettore trovasse questo articolo interessante o ne volesse discutere, all'autore farebbe piacere ricevere delle e-mail all'indirizzo: alberto_viotto@hotmail.com
NOTE
1) www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/263733/
2) www.corriere.it/editoriali/13_luglio_31/sformato-legislativo-ainis
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