di Alberto Medici
Uno dei rischi che tutti quanti sappiamo benissimo di correre è quello di diventare una sorta di “valvola di sfogo“: visto che votare non serve a nulla, visto che andare in piazza si rischia di essere strumentalizzati (e prendersi le botte), meglio stare dietro ad una tastiera a criticare e illudersi pertanto di “aver fatto la rivoluzione“. Come ha detto Massimo Mazzucco nella conferenza a Vittorio Veneto, in risposta ad uno che gli chiedeva “Lei non ha paura a fare quello che fa, a scrivere quello che scrive?” e lui rispondeva ridendo: “Veramente non mi caga nessuno, probabilmente non faccio paura a nessuno!!!” ma continuando poi più seriamente: “In effetti, se l’effetto della nostra azione risultasse in una semplice canalizzazione dello scontento, un posto di ritrovo per rivoluzionari falliti, non soltanto non saremmo pericolosi al sistema, ma anzi potremmo diventare utili al sistema stesso: lo sfogatoio che canalizza e neutralizza la protesta.”
Quindi, siamo inutili noi che facciamo informazione, che raccogliamo idee, opinioni, che facciamo da ripetitori a notizie che i media mainstream non rilancerebbero, o rilancerebbero storpiati ed adattati? A nulla vale il nostro sforzo?
Ho avuto occasione, essendo stato avvicinato da individui di diverse estrazioni, negli ultimi anni, di farmi un’idea precisa: non è vero che siamo inutili. E la prova è che siamo sotto osservazione. Chi conosce i meccanismi di controllo e di formazione della coscienza collettiva sa guardare lontano, molto più di noi, e sa intravvedere le potenzialità di una scintilla che appare insignificante ai più, ma loro sanno bene dove può portare. E sanno bene come cercare di imbrigliarla, incanalarla, con una lungimiranza che noi non abbiamo: non è il nostro mestiere, il controllo delle masse: loro lo fanno molto meglio di noi. Quindi: anche se i numeri che riusciamo a contattare sono un centesimo, un millesimo o anche meno di quelli che fanno la TV o i giornali, non è vero che non contiamo niente. Contiamo. E spaventiamo.
C’è però una condizione necessaria. E questa è la nostra capacità di trasformare in reale, umano, personale l’apporto che diamo: in una parola: uscire dall’anonimato del web, dello schermo e della tastiera, della chat e della mail, come aveva detto anche Monia in questa conferenza. Affrontare le stesse tematiche anche di persona, al bar, con amici e parenti. In maniera costruttiva, pacata, propositiva, senza pretesa, ma con la forza della Verità alla quale nessuno si può opporre. e se il web diventa una miniera preziosissima per trarre informazioni, capire gli scenari, fare correlazioni, è nella vita reale che dobbiamo riuscire a portare la differenza, negli incontri di persona.
Questo è quello che temono più di tutto.
Fonte: http://www.stampalibera.com/?p=70208
Uno dei rischi che tutti quanti sappiamo benissimo di correre è quello di diventare una sorta di “valvola di sfogo“: visto che votare non serve a nulla, visto che andare in piazza si rischia di essere strumentalizzati (e prendersi le botte), meglio stare dietro ad una tastiera a criticare e illudersi pertanto di “aver fatto la rivoluzione“. Come ha detto Massimo Mazzucco nella conferenza a Vittorio Veneto, in risposta ad uno che gli chiedeva “Lei non ha paura a fare quello che fa, a scrivere quello che scrive?” e lui rispondeva ridendo: “Veramente non mi caga nessuno, probabilmente non faccio paura a nessuno!!!” ma continuando poi più seriamente: “In effetti, se l’effetto della nostra azione risultasse in una semplice canalizzazione dello scontento, un posto di ritrovo per rivoluzionari falliti, non soltanto non saremmo pericolosi al sistema, ma anzi potremmo diventare utili al sistema stesso: lo sfogatoio che canalizza e neutralizza la protesta.”
Quindi, siamo inutili noi che facciamo informazione, che raccogliamo idee, opinioni, che facciamo da ripetitori a notizie che i media mainstream non rilancerebbero, o rilancerebbero storpiati ed adattati? A nulla vale il nostro sforzo?
Ho avuto occasione, essendo stato avvicinato da individui di diverse estrazioni, negli ultimi anni, di farmi un’idea precisa: non è vero che siamo inutili. E la prova è che siamo sotto osservazione. Chi conosce i meccanismi di controllo e di formazione della coscienza collettiva sa guardare lontano, molto più di noi, e sa intravvedere le potenzialità di una scintilla che appare insignificante ai più, ma loro sanno bene dove può portare. E sanno bene come cercare di imbrigliarla, incanalarla, con una lungimiranza che noi non abbiamo: non è il nostro mestiere, il controllo delle masse: loro lo fanno molto meglio di noi. Quindi: anche se i numeri che riusciamo a contattare sono un centesimo, un millesimo o anche meno di quelli che fanno la TV o i giornali, non è vero che non contiamo niente. Contiamo. E spaventiamo.
C’è però una condizione necessaria. E questa è la nostra capacità di trasformare in reale, umano, personale l’apporto che diamo: in una parola: uscire dall’anonimato del web, dello schermo e della tastiera, della chat e della mail, come aveva detto anche Monia in questa conferenza. Affrontare le stesse tematiche anche di persona, al bar, con amici e parenti. In maniera costruttiva, pacata, propositiva, senza pretesa, ma con la forza della Verità alla quale nessuno si può opporre. e se il web diventa una miniera preziosissima per trarre informazioni, capire gli scenari, fare correlazioni, è nella vita reale che dobbiamo riuscire a portare la differenza, negli incontri di persona.
Questo è quello che temono più di tutto.
Fonte: http://www.stampalibera.com/?p=70208
Nessun commento:
Posta un commento