Perché Annamaria Franzoni è innocente
di Paolo Franceschetti
L'articolo è tratto dal numero 9 di Delitti e Misteri, rivista diretta da Francesco Mura.
Annamaria Franzoni viene condannata per omicidio doloso del proprio figlioletto di tre anni sulla base della ricostruzione dei fatti così come segue.
Ore 8:08. Il figlio Davide esce di casa per andare a scuola.
Ore 8:16. La Franzoni esce di casa come ogni giorno per raggiungere il figlio Davide alla fermata del bus, poco distante. Il processo accerterà che dapprima uscì di casa il figlio e qualche minuto dopo la madre lo seguì.
Ore 8:27. La Franzoni rientra a casa.
Ore 8:27,30. La Franzoni telefona alla dottoressa Satragni, suo medico curante e vicina di casa, comunicandole che Samuele perdeva sangue dalla testa e gli era scoppiato il cervello.
Ore 8:28,30. La Franzoni telefona al 118 dicendo che il figlio Samuele vomita sangue.
Ore 8:29,26. La Franzoni telefona al marito, comunicandogli che Samuele “è morto”.
Pochi secondi dopo la donna chiama la sua vicina di casa Ferrod, dicendole che il figlio perde sangue dalla testa.
In casa sopraggiungono nell’ordine: la signora Ferrod, la dottoressa Satragni, accompagnata dal suocero Savin e infine il dottor Iannizzi con l’elisoccorso dell’ospedale di Aosta.
Le indagini portano al ritrovamento e al sequestro del pigiama della donna.
La casacca era ai piedi del letto, sotto le lenzuola, mentre i pantaloni erano “seminascosti” sotto un risvolto del letto del bambino.
Gli zoccoli vengono ritrovati nel bagno, risposti in ordine.
Sia il pigiama che gli zoccoli presentano macchie di sangue.
Il bambino viene dichiarato formalmente morto alle 9:55.
La perizia del tribunale stabilirà che il bambino doveva essere morto in un lasso temporale compreso tra i 5 e i 17 minuti.
Secondi i periti dell’accusa, l’aggressore indossava gli zoccoli e il pigiama, il che individua nella madre la probabile colpevole. La perizia viene effettuata con il cosiddetto metodo BPA.
I periti della difesa sostengono che le macchie di sangue sul pigiama potrebbero essere dovute al fatto che questo si trovava sul letto al momento dell’aggressione.
Mentre gli zoccoli, non presentando macchie sulla tomaia, non potevano essere indossati dall’aggressore.
Se questa è la ricostruzione – così emerge dagli atti – risulta evidente che Annamaria Franzoni sia innocente per vari motivi.
- La donna viene trovata completamente pulita, senza neanche una traccia di sangue addosso, sui capelli, o sui vestiti; una caratteristica di tutti i delitti all’arma bianca è che l’assassino si macchi non solo i vestiti, ma ogni parte del corpo, capelli, unghie, scarpe, viso, ecc. Per commettere un omicidio del genere, quindi, l’assassino deve avere il tempo di lavarsi accuratamente (lasciando tracce che verrebbero necessariamente rilevate dai RIS) e poi cambiarsi, facendo sparire gli abiti sporchi. L’assassino poi lascia macchie ovunque, sulle maniglie delle porte, sul lavandino del bagno, ecc.
- Nessuna traccia di sangue viene ritrovata al di fuori della stanza del delitto, nel bagno o altrove; eppure l’enorme quantità di sangue fuoriuscita dalla testa del bambino, in misura e forza tali da raggiungere addirittura il soffitto, rende di fatto impossibile l’ipotesi che l’assassino, chiunque esso sia, non abbia lasciato tracce (e abbondanti) in altre parti della casa.
- La perizia psichiatrica disposta dal PM stabilì che la donna soffriva di un disturbo dissociativo chiamato “stato crepuscolare orientato”, inesistente in psichiatria e in particolare nel cosiddetto DSM, vera e propria guida dei disturbi psichiatrici adottata dalla comunità mondiale dei medici; altre perizie invece non trovarono nella donna alcuna anomalia di vita, di condizioni, o di altro tipo.
- L’arma del delitto non viene ritrovata. Come avrebbe fatto Annamaria a nasconderla in breve tempo? E dove l’avrebbe nascosta? La villa di Cogne, nonostante la qualifica di “villa” che i media hanno sempre attribuito alla casa, è in realtà una tipica casetta di montagna, con una superficie non superiore ai 100 metriquadri, forse anche meno. Attorno alla casa c’è solo prato, che in quel periodo era coperto di neve; impossibile quindi che l’arma sia stata portata fuori casa dalla donna, perché ne sarebbero rimaste le tracce.
- Nell’ipotesi che l’assassina fosse stata la madre, ella avrebbe avuto al massimo sei minuti e mezzo (cfr. gli orari della ricostruzione giudiziale) per: 1) indossare il pigiama e indossare gli zoccoli; 2) uccidere il bambino, 3) cambiarsi il pigiama e indossare vestiti puliti, 4) lavarsi, 5) far sparire ogni traccia di sangue, 6) far sparire l’arma del delitto, e poi infine 7) telefonare.
- Inoltre, se Annamaria avesse indossato gli zoccoli durante l’omicidio, avrebbe dovuto necessariamente calpestare il sangue della stanza nel camminare lasciando tracce sotto alla suola.
Ad escludere che l’omicidio possa essere avvenuto prima che Annamaria avesse accompagnato il figlio allo scuolabus valgono le testimonianze di un vicino, che ha narrato di averla vista pochi secondi dopo la partenza del bus, e di averci chiacchierato serenamente di ordinarie faccende quotidiane; la donna appariva serena e tranquilla, e si avviò verso casa senza mostrare alcun segno di inquietudine; impossibile, insomma, che l’omicidio potesse essere stato già commesso da lei, perché nessun essere umano avrebbe la freddezza di recitare così bene dopo aver ucciso il figlio; e rimarrebbe poi sempre da spiegare la mancanza di tracce di sangue al di fuori della stanza del delitto.
Ci sarebbero poi da prendere in considerazione gli aspetti simbolici del delitto, dalla data, ai nomi dei protagonisti (nella Bibbia Annamaria è la madre di Samuele, che chiede di poter dare un figlio a Dio, nel libro chiamato appunto “Libro di Samuele”) alla cornice, il Gran paradiso, a poca distanza in linea d’aria dal Monte Rosa, nonché il particolare che a suo tempo sottolineò il criminologo Carmelo Lavorino, secondo cui il delitto di Cogne rispecchia fedelmente la storia narrata da un autore di fine ’800, la Nota di Ramuz. Ma il discorso porterebbe troppo lontano ed esulerebbe dal discorso prettamente giuridico.
Infine, occorre fare una considerazione finale di tipo procedurale. Ai sensi dell’articolo 530, la colpevolezza di un imputato va provata sempre oltre ogni ragionevole dubbio.
In questo caso, invece, di dubbi ce ne sono più di uno, e sono molto più che semplicemente ragionevoli.
Le domande da porci allora sono: chi ha ucciso Samuele? E perché i magistrati non hanno colto queste incongruenze a suo tempo?
di Paolo Franceschetti
L'articolo è tratto dal numero 9 di Delitti e Misteri, rivista diretta da Francesco Mura.
Annamaria Franzoni viene condannata per omicidio doloso del proprio figlioletto di tre anni sulla base della ricostruzione dei fatti così come segue.
Ore 8:08. Il figlio Davide esce di casa per andare a scuola.
Ore 8:16. La Franzoni esce di casa come ogni giorno per raggiungere il figlio Davide alla fermata del bus, poco distante. Il processo accerterà che dapprima uscì di casa il figlio e qualche minuto dopo la madre lo seguì.
Ore 8:27. La Franzoni rientra a casa.
Ore 8:27,30. La Franzoni telefona alla dottoressa Satragni, suo medico curante e vicina di casa, comunicandole che Samuele perdeva sangue dalla testa e gli era scoppiato il cervello.
Ore 8:28,30. La Franzoni telefona al 118 dicendo che il figlio Samuele vomita sangue.
Ore 8:29,26. La Franzoni telefona al marito, comunicandogli che Samuele “è morto”.
Pochi secondi dopo la donna chiama la sua vicina di casa Ferrod, dicendole che il figlio perde sangue dalla testa.
In casa sopraggiungono nell’ordine: la signora Ferrod, la dottoressa Satragni, accompagnata dal suocero Savin e infine il dottor Iannizzi con l’elisoccorso dell’ospedale di Aosta.
Le indagini portano al ritrovamento e al sequestro del pigiama della donna.
La casacca era ai piedi del letto, sotto le lenzuola, mentre i pantaloni erano “seminascosti” sotto un risvolto del letto del bambino.
Gli zoccoli vengono ritrovati nel bagno, risposti in ordine.
Sia il pigiama che gli zoccoli presentano macchie di sangue.
Il bambino viene dichiarato formalmente morto alle 9:55.
La perizia del tribunale stabilirà che il bambino doveva essere morto in un lasso temporale compreso tra i 5 e i 17 minuti.
Secondi i periti dell’accusa, l’aggressore indossava gli zoccoli e il pigiama, il che individua nella madre la probabile colpevole. La perizia viene effettuata con il cosiddetto metodo BPA.
I periti della difesa sostengono che le macchie di sangue sul pigiama potrebbero essere dovute al fatto che questo si trovava sul letto al momento dell’aggressione.
Mentre gli zoccoli, non presentando macchie sulla tomaia, non potevano essere indossati dall’aggressore.
Se questa è la ricostruzione – così emerge dagli atti – risulta evidente che Annamaria Franzoni sia innocente per vari motivi.
- La donna viene trovata completamente pulita, senza neanche una traccia di sangue addosso, sui capelli, o sui vestiti; una caratteristica di tutti i delitti all’arma bianca è che l’assassino si macchi non solo i vestiti, ma ogni parte del corpo, capelli, unghie, scarpe, viso, ecc. Per commettere un omicidio del genere, quindi, l’assassino deve avere il tempo di lavarsi accuratamente (lasciando tracce che verrebbero necessariamente rilevate dai RIS) e poi cambiarsi, facendo sparire gli abiti sporchi. L’assassino poi lascia macchie ovunque, sulle maniglie delle porte, sul lavandino del bagno, ecc.
- Nessuna traccia di sangue viene ritrovata al di fuori della stanza del delitto, nel bagno o altrove; eppure l’enorme quantità di sangue fuoriuscita dalla testa del bambino, in misura e forza tali da raggiungere addirittura il soffitto, rende di fatto impossibile l’ipotesi che l’assassino, chiunque esso sia, non abbia lasciato tracce (e abbondanti) in altre parti della casa.
- La perizia psichiatrica disposta dal PM stabilì che la donna soffriva di un disturbo dissociativo chiamato “stato crepuscolare orientato”, inesistente in psichiatria e in particolare nel cosiddetto DSM, vera e propria guida dei disturbi psichiatrici adottata dalla comunità mondiale dei medici; altre perizie invece non trovarono nella donna alcuna anomalia di vita, di condizioni, o di altro tipo.
- L’arma del delitto non viene ritrovata. Come avrebbe fatto Annamaria a nasconderla in breve tempo? E dove l’avrebbe nascosta? La villa di Cogne, nonostante la qualifica di “villa” che i media hanno sempre attribuito alla casa, è in realtà una tipica casetta di montagna, con una superficie non superiore ai 100 metriquadri, forse anche meno. Attorno alla casa c’è solo prato, che in quel periodo era coperto di neve; impossibile quindi che l’arma sia stata portata fuori casa dalla donna, perché ne sarebbero rimaste le tracce.
- Nell’ipotesi che l’assassina fosse stata la madre, ella avrebbe avuto al massimo sei minuti e mezzo (cfr. gli orari della ricostruzione giudiziale) per: 1) indossare il pigiama e indossare gli zoccoli; 2) uccidere il bambino, 3) cambiarsi il pigiama e indossare vestiti puliti, 4) lavarsi, 5) far sparire ogni traccia di sangue, 6) far sparire l’arma del delitto, e poi infine 7) telefonare.
- Inoltre, se Annamaria avesse indossato gli zoccoli durante l’omicidio, avrebbe dovuto necessariamente calpestare il sangue della stanza nel camminare lasciando tracce sotto alla suola.
Ad escludere che l’omicidio possa essere avvenuto prima che Annamaria avesse accompagnato il figlio allo scuolabus valgono le testimonianze di un vicino, che ha narrato di averla vista pochi secondi dopo la partenza del bus, e di averci chiacchierato serenamente di ordinarie faccende quotidiane; la donna appariva serena e tranquilla, e si avviò verso casa senza mostrare alcun segno di inquietudine; impossibile, insomma, che l’omicidio potesse essere stato già commesso da lei, perché nessun essere umano avrebbe la freddezza di recitare così bene dopo aver ucciso il figlio; e rimarrebbe poi sempre da spiegare la mancanza di tracce di sangue al di fuori della stanza del delitto.
Ci sarebbero poi da prendere in considerazione gli aspetti simbolici del delitto, dalla data, ai nomi dei protagonisti (nella Bibbia Annamaria è la madre di Samuele, che chiede di poter dare un figlio a Dio, nel libro chiamato appunto “Libro di Samuele”) alla cornice, il Gran paradiso, a poca distanza in linea d’aria dal Monte Rosa, nonché il particolare che a suo tempo sottolineò il criminologo Carmelo Lavorino, secondo cui il delitto di Cogne rispecchia fedelmente la storia narrata da un autore di fine ’800, la Nota di Ramuz. Ma il discorso porterebbe troppo lontano ed esulerebbe dal discorso prettamente giuridico.
Infine, occorre fare una considerazione finale di tipo procedurale. Ai sensi dell’articolo 530, la colpevolezza di un imputato va provata sempre oltre ogni ragionevole dubbio.
In questo caso, invece, di dubbi ce ne sono più di uno, e sono molto più che semplicemente ragionevoli.
Le domande da porci allora sono: chi ha ucciso Samuele? E perché i magistrati non hanno colto queste incongruenze a suo tempo?
Ancora nessuno ha capito quale arma del delitto è stata presumibilmente usata. Si puo' venirne a capo anche solo in via teorica?
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