sabato 5 ottobre 2013

Orwell, complice dei carcerieri.


Una vera e propria beffa del destino (e della programmazione mentale) è rappresentata dalla fama sempre maggiore di George Orwell come “padre del romanzo distopico”, come eroe moderno della letteratura che, vissuto nella prima metà del ’900, ha saputo prevedere con incredibile esattezza nel suo capolavoro 1984, i caratteri del disumanizzato mondo contemporaneo nel quale ci troviamo angosciosamente a vivere in questi giorni.

Ma come avrà fatto a prevedere così accuratamente quello che poi è successo e tutt’ora succede? Come avrà potuto immaginarsi con tanta precisione un concetto come quello del “Grande Fratello” che, sdoganato all’immaginario collettivo nella sua volgarizzazione più deteriore attraverso format televisivi di popolarità globalizzata, in cui i più bassi istinti sono stati solleticati perfidamente nell’audience, per poi implementarlo nella forma più concettualmente e tecnologicamente raffinata con i vari Echelon che sorvegliano ogni nostra più piccola mossa?

Ehi, baby, sveglia! Non l’ha previsto, l’ha CREATO.

Così infatti funziona la mente, che ci piaccia o no: si lancia una idea creativa, edificante o distruttiva, e se l’artista che l’ha downloadata dal database universale è sostenuto da forze sufficienti, tale idea affascina le menti della gente al punto da creare l’eggregora o forma-pensiero corrispondente, che poi attiva il processo per cui la profezia si autoavvera.

Non è importante che nelle intenzioni dichiarate di Orwell ci fosse la lotta ai regimi totalitari.

Importante è che nell’epoca dei sofisticati programmi di controllo mentale che viviamo ora, dei regimi totalitari egli è stato – consapevolmente o meno – il più grande alleato mediatico.

In poche parole ha fatto più danni Orwell all’immaginario collettivo, con i suoi morbosi libri che “prefiguravano” una società alienata, che le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

Pensateci, quando lo considerate un eroe della denuncia del Sistema.

C’è molta gente, che non ha minimamente idea di come funziona il proprio cervello, che considera 1984 uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale.

E non sa che se George non fosse mai esistito, staremmo tutti immensamente meglio.

Jervé

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