sabato 5 ottobre 2013

LA CIMATICA E L’UNIVERSO OLOGRAFICO



Estratti del libro “Scienza, Mistica e Alchimia dei Cerchi nel Grano” (di Adriano Forgione con la collaborazione di Alfredo Di Prinzio)
Il primo a interessarsi alle forma d’onda, cioè l’interazione tra suono e materia, fu il fisico e musicista Ernst Chladni (1756-1827) che rilevò il rapporto esistente tra vibrazione e forma. Egli pose una sabbia finissima su un disco metallico e vi fece agire delle vibrazioni generate da un arco di violino, suonato perpendicolarmente lungo la sua circonferenza. Mentre l’arco creava le onde sonore, Chladni osservò che la sabbia si ordinava istantaneamente sul piatto, generando forme simmetriche in risposta al suono prodotto dall’arco di violino.


Il meccanismo era il seguente: le vibrazioni sonore creavano una forma d’onda, una vibrazione, che si distribuiva lungo la superficie, presentando dei punti di convergenza in cui la sabbia si concentrava. Chladni osservò nei suoi esperimenti molte di queste figure geometriche che oggi portano il suo nome e dimostrò, per la prima volta, che il suono ha un’interazione stretta con la materia e i suoi processi fisici. Dopo Chladni, nel 1815, il matematico americano Nathaniel Bowditch prese in esame le forme (in gergo tecnico chiamate patterns) che venivano a crearsi attraverso l’intersezione di due onde sonore sinusoidali, generate da due sorgenti perpendicolari l’una rispetto all’altra.

Le figure, oggi osservabili attraverso un oscilloscopio, sono chiamate “curve di Bowditch” o ancora “figure di Lissajous”, in quanto anche il matematico francese Jules-Antoine Lissajous, nel 1857, condusse le proprie ricerche su questi sistemi.

Nei suoi esperimenti è interessante notare che se le due onde non erano in fase l’una con l’altra, ovvero le loro frequenze differivano, il risultato era l’apparizione di una figura a rete più o meno armonica. Se, invece, le onde si trovavano in fase, cioè in perfetta, la figura risultante era un cerchio.

Nel 1827, fu la volta del fisiologo Charles Wheatstone, che realizzò una strana apparecchiatura chiamata “caleidofono”, un insolito insieme di asticelle metalliche con appendici piccole e lucide alle estremità, il tutto montato su una base di legno. Ponendo in vibrazione le aste grazie a una leggera spinta, alla luce di una candela, il riflesso di questa sorgente luminosa sulle piccole superfici riflettenti all’estremità delle asticelle vibranti generava una serie di forme relative alla velocità e al moto vibratorio.



Questi esperimenti gettarono le basi per comprendere il legame tra vibrazione, luce, suono e materia. Lo studio di tali interazioni ebbe, però, il suo principale esponente in Hans Jenny. Nel 1967, questo fisico svizzero parti dallo studio pionieristico di Chladni per dare vita alla “Cimatica”, cioè lo studio delle forme d’onda. Il nome “cimatica” deriva dal greco “kyma”, cioè “onda”.

Le ricerche di Jenny vennero pubblicate nel libro Cymatics – TheStrutture and Dynamics of Waves and Vibrations (cioè Cimatica –struttura e dinamica delle onde e delle vibrazioni), purtroppo ancora inedito in Italia. Jenny impiegò nei suoi esperimenti ciò che chiamava “oscillatori cristallini” e una sua invenzione chiamata “tonoscopio”. Attraverso queste apparecchiature fu in grado di generare suoni modulati e sequenziali e di osservarne la risposta in fluidi e polveri sottili come quella di licopodium (una pianta che appartiene al genere delle Licopodiacee). Questi “mezzi” (così sono chiamate le sostanze sottoposte a esperimenti di vibrazione), proprio come accaduto nei test di Freddy Silva generarono forme tridimensionali complesse.



Jenny notò che a ogni frequenza corrispondeva una determinata figura tridimensionale. Incrementando la frequenza, i mezzi rispondevano generando una figura più complicata, formata da un maggior numero di elementi, in genere caratteristici di ciò che viene definita “Geometria pitagorica” (chiamata anche “Geometria Sacra”).

Ciò che stupì Jenny nelle proprie indagini fu rilevare che quando il suono imposto apparteneva a una lingua antica come il sanscrito, ad esempio l’OM, la polvere di licopodium o qualsiasi altra sostanza impiegata rispondeva generando il simbolo che le antiche popolazioni legavano proprio al mantra OM e all’Universo, cioè un cerchio con punto centrale.

Consideriamo anche che il filosofo greco Pitagora affermò, ben 200 anni prima di Platone, che la geometria delle forme era “musica solidificata”.

Indirettamente, ne abbiamo conferma grazie a una notizia diramata dalla redazione giornalistica del network americano ABC, 1’11 maggio 2000. I cosmologi di UCLA hanno rilevato nel Cosmo una vibrazione di fondo, un’eco appartenente al momento in cui lo stesso si creò. «E’ la voce di un Universo appena nato» ha affermato Ned Wright «[...] e sorprendentemente è più simile a un oboe che a un flauto. È proprio il suono dell’OM originario che creò l’Universo, il Do da cui partono tutte le scale armoniche». Rilevazioni confermate anche dagli astrofisici delle Università del Meine e di Carnegie Mellon e pubblicate sulla prestigiosa rivista Science. Questo, non soltanto apre il campo a ipotesi legate al fatto che gli antichi fossero a conoscenza delle forme d’onda, ma anche alla convinzione che essi fossero ben consci del ruolo del suono o delle vibrazioni / oscillazioni nei processi creativi cosmologici. In effetti, tutti i miti della Creazione associano l’atto creativo al “Verbo” o alla “Parola”. Per gli antichi Egizi il dio solare Ra si esprimeva attraverso Thot, la sua “Parola” e dio della Conoscenza, mentre Ptah la “Lingua’.

Poiché Ptah creò il mondo attraverso il potere della parola egli svelava attraverso il suono il proprio potere creativo. La stessa fenice o uccello Bennu di On (Eliopoli), si era posato sul monte primordiale Meru dando vita al tempo attraverso il suo primo grido.

Nella Tradizione ebraica, cristiana e musulmana, Dio manifestato è il “Verbo”. Per gli antichi Greci è Atena a “soffiare” sulla creta per dare vita all’Uomo (proprio come nella Genesi biblica), mentre in India il Dio Krishna compiva la Creazione attraverso il suono del flauto.

Cosmogenesi similari sono presenti nel pensiero sciamanico americano dove, ad esempio, gli Indios Kagaba della Colombia, indicano la loro divinità suprema come “la genitrice di tutte le canzoni”, oppure quello africano ove il suono presiede alla genesi nella maggior parte delle culture tribali.

Quale migliori metafore per indicare l’azione del suono o meglio delle frequenze sonore, nel creare la realtà? Oppure per distruggerla, se pensiamo all’effetto sonoro distruttivo delle trombe impiegate dal patriarca biblico Giosuè nell’abbattimento delle mura di Gerico, oppure nel vedici Mahabarata dove il suono è impiegato per costruire e per distruggere.

Una sapienza in possesso delle classi sacerdotali dell’antichità, un livello di conoscenza cui gli antichi erano giunti, ma che gli storici e gli archeologi di oggi continuano a negare.


La Cimatica, purtroppo, è una branca scientifica ancora non completamente accettata a livello accademico, sebbene illustri, in modo sensazionale, il rapporto esistente tra forma e frequenza, rapporto che è alla base di qualsiasi cosa esistente. D’altro canto molti fisici sono ormai convinti che qualsiasi forma minerale, vegetale o animale sia il risultato di legami energetici aventi una determinata struttura, in quanto ordinati armonicamente secondo la frequenza dell’energia di base. Più si scende nell’infinitamente piccolo e più la materia si trasforma in energia.

O meglio, più si va nell’infinitamente grande e più questa energia si rende visibile mediante legami armonici, divenendo materia solida e percepibile dai sensi. È noto, in ambito scientifico, che ogni materiale sottoposto a una vibrazione specifica assume una sua peculiare forma relativa alla frequenza d’onda a cui è stato sottoposto.

LA TELA DEL RAGNO

Esiste una relazione tra Fisica quantistica, sciamanesimo e cervello umano. Gli sciamani, i veri sciamani, ancora oggi riescono a operare prodigi, riuscendo a far manifestare, durante le loro cerimonie, globi di luce ed energie che chiamano “Spiriti”, grazie a un sapiente uso del suono attraverso i mantra. Questi saggi e la conoscenza di ogni tradizione antica affermano che tutto nel Creato è connesso attraverso una rete di vibrazione. Gli induisti la chiamano “Rete di Indra” e credono che l’Uomo ne faccia parte e che possa interagire con tutto ciò che nella rete è presente.

Gli sciamani Kahuna hawaiani ancora oggi sostengono che tutto l’Universo è infinitamente interconnesso attraverso una struttura a reticolo (proprio come affermava David Bohm). Lo sciamano vede sé stesso al centro di questa rete e vi interagisce influenzando la realtà.

Gli sciamani aborigeni australiani parlano del “Tempo di Sogno” associando al concetto di “Sogno”, un mondo superno e primigenio da cui tutto avrebbe preso forma e in cui dimorano gli Spiriti Superiori.

È il mondo delle idee, quindi delle vibrazioni, che generano la realtà. Collegato al concetto di “Sogno”, quale mondo “matrice”, vi è un oggetto di potere utilizzato dalle tribù native del Sud-Ovest degli Stati Uniti, il “Dream catcher”, il“Cattura Sogni”.
Quest’oggetto dimostra che tali popolazioni conoscevano l’interazione delle due sorgenti vibrazionali che generano la realtà dal mondo superiore e invisibile del sogno, o meglio dalla “Forza indistinta” (da cui il nome “Cattura Sogni”). Il Cattura Sogni è, infatti, formato da due serie di spirali rotanti in senso opposto, ognuna risultato dell’energia di un vortice (sappiamo che la spirale è il movimento primario di creazione di ogni cosa presente nel Cosmo).

La loro doppia rotazione forma una rete e quindi dà vita alla realtà, al mondo visibile e percepibile, giustificandone così il nome. A conferma di quanto detto, l’intreccio del Cattura Sogni e, quindi, il risultato dell’unione delle onde che creano queste figure archetipiche basata proprio sull’interazione delle due sorgenti vibrazionali.
Possiamo associare per analogia a queste due spirali l’immagine dei due swastika, uno sinistrogiro e l’altro destrogiro, espressione delle due polarità del movimento creativo che fanno perno sull’asse centrale, il punto fisso polare da cui tutto è nato e tutto deve tornare.
Il ruolo delle due forze che vibrano e si muovono nel Cosmo formando tutto ciò che è visibile, lo riscontriamo anche in uno dei mandala piùimportanti della cultura tibetana, il “mandala cosmico”, posto sempre all’ingresso del tempio principale e impiegato da questa cultura non per la meditazione, ma per spiegare l’origine del Cosmo. Il nostro Universo, secondo i monaci tibetani è solo uno dei molti esistenti. Il movimento spiraliforme di questo mandala indica il processo di genesi del Cosmo. Nello spazio ancora senza forma, la spirale del movimento primario, dettata dal suono cosmico primordiale, si plasma con vigore e fa da presupposto alla nascita della materia.

Anche i Dogon del Mali, tribù di remote origini, le cui approfondite conoscenze astronomiche rappresentano un enigma profondo per l’Antropologia, nella loro cosmogonia simboleggiano il “sistema del mondo” come un cesto di vimini, i cui intrecci sono la base della realtà degli Uomini.

Questa concezione trova riscontri anche in altre culture, ad esempio quella assiro-babilonese e caldea, dove le divinità, in quanto dominatrici del sistema di interazione tra il cielo e la terra e, quindi, possessori dei segreti del mondo, sostengono una sorta di borsa, in realtà un cesto intrecciato, a rappresentare la Conoscenza delle leggi di interazione tra mondo celeste e mondo terreno.

La Fisica quantistica, parla di “Universo Olografico“. Gli ologrammi sono immagini virtuali create proprio dall’interazione di due onde luminose, in cui la luce essendo pura e coerente è in grado di generare una forma, analogamente a quanto abbiamo visto per il suono e le figure da esso generate. Se la pellicola che crea l’ologramma, una volta impressa viene illuminata da una sola fonte si vedranno solo cerchi concentrici e nessuna immagine definita. Se però vi si dirige un secondo raggio, allora ecco apparire il soggetto in tutta la sua “apparente” tridimensionalità.

Inoltre, se un ologramma viene diviso in frammenti, ogni frammento presenterà comunque l’immagine intera del soggetto rappresentato, mostrando un’ulteriore similarità con i meccanismi del nostro Universo, dove ogni cosa presenta le medesime impronte di base.

Va notato che le immagini formate dagli ologrammi illuminati da una sola fonte luminosa sono praticamente identiche a quelle risultanti dalle fotografie di atomi “ingranditi” 30 milioni di volte, realizzate con microscopio a campo ionico negli anni ’60, in cui le posizioni degli atomi sono state messe in evidenza.

Un’indiretta conferma che, essendo la nostra realtà composta da atomi, (che ricordiamo si comportano sia come onde che come particelle), essa non è altro che una sorta di gigantesco ologramma.

La teoria dell’Universo Olografico, avanzata dallo scomparso David, Bohm, fisico dell’Università di Londra, propone un Cosmo quale sistema di onde elettromagnetiche che danno vita a un intreccio, proprio come una rete, ai cui nodi si situano gli Universi.

Nella teoria dell’Universo Olografico sono gli intrecci delle onde a rendere visibile un mondo che, in realtà, è tale solo ai nostri occhi.

Non mancherebbero le conferme sperimentali a questo aspetto della Fisica. Nel 1982, un team di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, scoprì che, sottoponendo due elettroni a determinate condizioni, essi erano capaci di comunicare tra loro indipendentemente dalla distanza che li separava, sia che fosse di un centimetro o di 10 miliardi di chilometri.

Ciò presumeva che ogni elettrone conoscesse istantaneamente il comportamento di tutti gli altri, proponendo un modello di Universo in cui tutto è connesso “non-localmente”, cioè che vi fosse una sorta di reticolo energetico che permetteva lo scambio istantaneo delle informazioni attraverso il tempo e lo spazio tra gli elettroni, come se essi facessero parte di uno stesso organismo fondamentale.

David Bohm confermò che il comportamento di tali particelle indicava una realtà più vasta di cui l’Uomo non è consapevole. Secondo Bohm, il nostro Universo cela un livello energetico superiore organizzato come un vasto reticolo bipolare, che dà origine a tutti gli oggetti e le apparenze del mondo fisico, proprio come accade per un ologramma.

Quest’ordine reticolare viene chiamato “implicito” al contrario del nostro livello di esistenza che è definito “esplicito”. Bohm affermò:

«Quello che è sconcertante è il fatto che ogni molecola sa quello che faranno le altre molecole contemporaneamente a essa e a distanze macroscopiche. I nostri esperimenti ci mostrano che le molecole comunicano. Tutti accettano l’esistenza di questa proprietà nei sistemi viventi, ma nei sistemi non viventi essa giunge inaspettata».

Quindi, Bohm conferma l’esistenza di una trama continua che unisce e sottintende a tutto ciò che forma il Cosmo, vivente e non vivente. Lo scienziato ratificò questa visione del mondo in Wholeness and Implicate Order: «La teoria dei quanti comporta un cambiamento fondamentale: è la rinuncia al concetto di analisi del mondo ripartito in frazioni relativamente autonome t … I. Al contrario, si tende a dar peso alla totalità indivisa, in cui lo strumento d’osservazione(l’Uomo N.d.a.) non è separato da ciò che osserva».

I fisici teorici oggi sono sempre più vicini a considerare la materia non più come un sistema “meccanico” di causa ed effetto, ma come un pensiero, una pura e semplice informazione.

Louis De Broglie, vincitore del Nobel per la scoperta dello onde di materia, affermò categoricamente che la struttura dell’Universo materiale ha qualcosa in comune con le leggi che governano il lavorio della mente umana, così come Roger Penrose in Shadows of the Mind sostenne che il cervello umano è un’imponente entità quantica.

Ancora una volta siamo di fronte all’unificazione tra la Scienza e i concetti cosmogonici degli antichi e delle loro tradizioni.

Gli induisti nell’Upanishad, il loro libro sacro, chiamano la realtà “brahman”.

Brahman è senza forma, ma è il luogo di nascita di ogni forma nel mondo visibile, una definizione perfetta per quanto appurato dalla fisica. Inoltre, si evince una stretta analogia tra il concetto di “Sogno” e di “Rete” o “intreccio” degli Sciamani e quello di Universo Olografico reticolare della Fisica quantistica.

Tra i due modelli di vedere il Cosmo non vi è alcuna differenza se non nei termini.

Entrambi considerano l’intero Universo come un “Multiverso” strutturato attraverso l’azione combinata di due energie che si intrecciano a reticolo e la cui fonte è al di là dello spazio e del tempo, dove passato, presente e futuro non hanno più valore e “tutto è uno”.

Lo scrisse Platone nel Filebo con le seguenti parole «Gli antichi, che erano migliori di noi e dimoravano più vicini agli dei, ci hanno tramandato questa rivelazione: quel che viene chiamato “Sempre Essente” è costituito da uno e da molti e ha, congiuntamente nella sua natura, le caratteristiche del limite e dell’illimitato».

La rete energetica che avvolge il nostro Cosmo è oltre lo spazio-tempo, però essendo in-formante è da lei che nascono le forme, essendo la “mater matrice”.

Ciò ci dona la visione della realtà.

Le frequenze emanate da questo reticolo sono dunque, i mattoni matematici o “mater-matrici”, che il nostro cervello interpreta come mondo reale.

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