I dottori mi hanno diagnosticato una sindrome compulsivo-ossessiva (nevrosi ossessiva). Ho incominciato a essere ossessionata dalla sporcizia: mi sentivo lo sporco addosso e lo sentivo su tutti gli oggetti che mi circondavano, non mi sentivo abbastanza pulita o non ritenevo puliti gli oggetti che toccavo. Lavavo sempre tutto e a lungo, lavavo me stessa e le cose che usavo. Facevo anche dei rituali specifici che mi venivano spontaneamente in testa. Si trattava di rituali stancanti e lunghi, con movimenti ripetitivi. Praticamente mi portavano via tutte le forze, mi svuotavano di energia. I medici mi avevano detto che questi tipi di malattie non si curano. Secondo loro era possibile raggiungere solo uno stadio di remissività e anche questo solo per mezzo di farmaci. I miei genitori non sapevano cosa fare e io decisi allora di rivolgermi a uno psicoterapeuta che mi prescrisse una cura di farmaci. All’inizio si trattava di deboli antidepressivi ma poi il medico era passato a prescrivermi preparati psicotropici e neurolettici. Un giorno, che per una serie di circostanze mi ero ritrovata fuori città, in dacia, senza farmaci, il mio stato peggiorò al punto tale che feci un salto dalla finestra del secondo piano e finii col fratturarmi una gamba.
francamente, spesso, non ho alcuna voglia di vivere… Ma vivo perché credo che un miracolo possa avvenire e la mia malattia mi possa abbandonare. Mi aiuti, la prego. Sono esausta».
Risposta Di Vadim Zeland
I medici non la possono aiutare perché non sanno con che cosa hanno a che fare. A danneggiare si fa presto, se ne è convinta da sola quando si è accorta che somministrandole farmaci l’avevano portata a uno stato vegetativo. Quando i medici si rendono conto di non essere in grado di curare una malattia psichica, rimpinzano il paziente di psicofarmaci. Così per loro è più facile. Un vegetale, infatti, è tranquillamente gestibile: non disturba, non esige, non si lamenta. Con lui si può fare quello che si vuole. I medici si sono fissati con i loro metodi: se c’è una malattia, bisogna curarla. Con cosa? Con le medicine, ovviamente.
francamente, spesso, non ho alcuna voglia di vivere… Ma vivo perché credo che un miracolo possa avvenire e la mia malattia mi possa abbandonare. Mi aiuti, la prego. Sono esausta».
Risposta Di Vadim Zeland
I medici non la possono aiutare perché non sanno con che cosa hanno a che fare. A danneggiare si fa presto, se ne è convinta da sola quando si è accorta che somministrandole farmaci l’avevano portata a uno stato vegetativo. Quando i medici si rendono conto di non essere in grado di curare una malattia psichica, rimpinzano il paziente di psicofarmaci. Così per loro è più facile. Un vegetale, infatti, è tranquillamente gestibile: non disturba, non esige, non si lamenta. Con lui si può fare quello che si vuole. I medici si sono fissati con i loro metodi: se c’è una malattia, bisogna curarla. Con cosa? Con le medicine, ovviamente.
Ma l’unica cosa che lei non deve fare è prendere le loro “medicine”. Questa via la porterebbe in un vicolo cieco, a una dipendenza ancora maggiore. Lei è in grado di risolvere da sola il suo problema. Non si tratta di malattia ma di parassiti della coscienza, di pendoli. Deve capire che i pensieri ossessivi non nascono nella sua testa ma vi ci vengono impiantati dall’esterno. Per essere più precisi, nella sua testa non c’è alcun pensiero. Il cervello risponde fondamentalmente della ricezione e dell’elaborazione dell’informazione esterna, e per questo sembra che i pensieri “si preparino” in testa. Di fatto non è così. L’uomo è simile a un televisore che riproduce i programmi provenienti dallo spazio delle varianti. Quando lei medita su qualcosa, la sua “telericevente” si collega a un determinato settore dello spazio delle varianti. Lei può scegliersi i canali da sola, secondo la sua volontà. Ma per far ciò bisogna prima diventare padroni di sé, tenere il telecomando in mano. In testa ci dev’essere “un re”. L’uomo, però, per sua natura è pigro e passivo. Preferisce lasciar andare i suoi pensieri a casaccio, mettendo il telecomando sul tavolo. Succede così che nella catena tra “il televisore” e lo spazio delle varianti si inserisce un pendolo. “Preme un tasto” e la catena si chiude, passa la corrente.
Per il parassita non è importante di che programma si tratti. Ha bisogno di una cosa sola, di scroccare energia. Lei comincia a farsi girare in testa i pensieri legati a quel settore dello spazio delle varianti cui è stata collegata, e se poi questi pensieri la costringono anche a eseguire qualche azione specifica, un rituale, allora finisce che si forma un saldo collegamento con il settore prescelto, una sorta di “campanello rosso di turno”. Basta che il pendolo prema questo campanello e lei si ritrova in sua balia. Ripeto, non si tratta di malattia. I parassiti della coscienza esistono in ognuno di noi, in una misura o in un’altra. Nella fattispecie, tutte le abitudini dannose sono sostenute proprio dai parassiti. Credo che liberarsi dal suo stato di ossessione non dovrebbe essere più difficile di smettere di fumare. Anche il fumo è non tanto una dipendenza fisiologica quanto un rituale, un gancio cui si appiglia il pendolo. Per svincolarsi dal pendolo bisogna cambiare il programma, spostarsi su un programma nuovo, per esempio uno stile di vita sano. Allo stesso modo, ci si può liberare di una melodia che risuona insistentemente in testa, sostituendola con un’altra. In altre parole, il suo compito sarà quello di prendere il telecomando in mano e premere su un nuovo tasto. Con tutta la sua volontà. In modo consapevole. Lei dovrà comportarsi letteralmente nel modo seguente. Non appena sentirà sorgere lo stimolo a eseguire il rituale, dovrà svegliarsi e rendersi conto di cosa sta succedendo: il pendolo ha premuto il tasto del suo telecomando. Non si lasci sottomettere. Deve prendere il telecomando nelle sue mani e inserire un nuovo programma. Meglio pensare prima quale. Potrebbe trattarsi di un semplice programma di ginnastica di base, o di qualcos’altro che le piace, meglio se si tratta di qualcosa di attivo, motorio. Solo che dovrà periodicamente cambiarlo per non trasformarlo in rituale di turno. Lei deve essere la padrona della sua mente. Lei ha volontà, a differenza del parassita che non ha volontà e si attacca istintivamente a una fonte di energia senza padrone.
Tenga presente che all’inizio il cambiamento di programma potrebbe essere accompagnato da un forte senso di disagio, una sorta di crisi d’astinenza. Lei però dovrà rendersi conto che sta interrompendo un circolo vizioso e questa comprensione le darà forze nuove. Non dovrà lottare contro il pendolo che vuole costringerla a eseguire il suo rituale abituale, lei dovrà proprio indirizzare la sua attenzione verso un altro pendolo, dovrà spezzare il vecchio algoritmo. Ogni volta che un parassita cercherà di entrarle in casa cambi programma, ne inserisca uno nuovo. Ieri, per esempio, può aver sostituito il suo vecchio rituale con una canzone, oggi con delle danze. In questo modo lei finirà per confondere il pendolo, per chiudergli con un lucchetto nuovo l’accesso alla coscienza. La chiave di prima non andrà più bene e il parassita sarà costretto a cercarsi un’altra mangiatoia.
Tratto da Transurfing Vivo
http://altrarealta.blogspot.com/
Per il parassita non è importante di che programma si tratti. Ha bisogno di una cosa sola, di scroccare energia. Lei comincia a farsi girare in testa i pensieri legati a quel settore dello spazio delle varianti cui è stata collegata, e se poi questi pensieri la costringono anche a eseguire qualche azione specifica, un rituale, allora finisce che si forma un saldo collegamento con il settore prescelto, una sorta di “campanello rosso di turno”. Basta che il pendolo prema questo campanello e lei si ritrova in sua balia. Ripeto, non si tratta di malattia. I parassiti della coscienza esistono in ognuno di noi, in una misura o in un’altra. Nella fattispecie, tutte le abitudini dannose sono sostenute proprio dai parassiti. Credo che liberarsi dal suo stato di ossessione non dovrebbe essere più difficile di smettere di fumare. Anche il fumo è non tanto una dipendenza fisiologica quanto un rituale, un gancio cui si appiglia il pendolo. Per svincolarsi dal pendolo bisogna cambiare il programma, spostarsi su un programma nuovo, per esempio uno stile di vita sano. Allo stesso modo, ci si può liberare di una melodia che risuona insistentemente in testa, sostituendola con un’altra. In altre parole, il suo compito sarà quello di prendere il telecomando in mano e premere su un nuovo tasto. Con tutta la sua volontà. In modo consapevole. Lei dovrà comportarsi letteralmente nel modo seguente. Non appena sentirà sorgere lo stimolo a eseguire il rituale, dovrà svegliarsi e rendersi conto di cosa sta succedendo: il pendolo ha premuto il tasto del suo telecomando. Non si lasci sottomettere. Deve prendere il telecomando nelle sue mani e inserire un nuovo programma. Meglio pensare prima quale. Potrebbe trattarsi di un semplice programma di ginnastica di base, o di qualcos’altro che le piace, meglio se si tratta di qualcosa di attivo, motorio. Solo che dovrà periodicamente cambiarlo per non trasformarlo in rituale di turno. Lei deve essere la padrona della sua mente. Lei ha volontà, a differenza del parassita che non ha volontà e si attacca istintivamente a una fonte di energia senza padrone.
Tenga presente che all’inizio il cambiamento di programma potrebbe essere accompagnato da un forte senso di disagio, una sorta di crisi d’astinenza. Lei però dovrà rendersi conto che sta interrompendo un circolo vizioso e questa comprensione le darà forze nuove. Non dovrà lottare contro il pendolo che vuole costringerla a eseguire il suo rituale abituale, lei dovrà proprio indirizzare la sua attenzione verso un altro pendolo, dovrà spezzare il vecchio algoritmo. Ogni volta che un parassita cercherà di entrarle in casa cambi programma, ne inserisca uno nuovo. Ieri, per esempio, può aver sostituito il suo vecchio rituale con una canzone, oggi con delle danze. In questo modo lei finirà per confondere il pendolo, per chiudergli con un lucchetto nuovo l’accesso alla coscienza. La chiave di prima non andrà più bene e il parassita sarà costretto a cercarsi un’altra mangiatoia.
Tratto da Transurfing Vivo
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