La vita dell’uomo, allo stato attuale, necessita di alcuni artifici. Uno di questi è l’ego, cioè una finzione mentale per la quale ognuno di noi ha un’identità ben definita, che è caratterizzata da una certa personalità. Ma stanno davvero così le cose?
Sapere di essere qualcosa di definito, con confini ben delimitati, è tranquillizzante per la nostra mente. Purtroppo non abbiamo, se non dopo un lavoro di consapevolezza profonda, la capacità di elaborare una situazione differente da quella di vederci come un essere ben distinto da ciò che ci circonda. Sapere che esistono una profondità e una complessità maggiori in noi sarebbe poco pratico e destabilizzante.
L’ego è quindi quell’identificazione quotidiana che serve a semplificare le nostre vite, facilitando i rapporti sociali tra le persone, ma che può portarci molto lontano dalla “verità” delle cose, ritardando la coscienza del sé. Tutto quel mondo sconosciuto che abbiamo al nostro interno, non è infatti racchiudibile in un’unica personalità, e comunque vi sono così tanti aspetti del nostro essere che non immaginiamo nemmeno, talmente tanto distanti dall’attuale concezione media, che per digerirli avremmo bisogno di un lungo periodo ed esperienze formative profonde.
Facciamo un esempio. Ognuno di noi ha un nome che gli viene dato alla nascita. Si tratta di un’invenzione dei nostri genitori e, sentendoci chiamare sempre così, ci siamo identificati con questo nome. E’ sceso così in profondità che possiamo sentirci chiamare anche durante il sonno e rispondere, ma in realtà nessuno di noi ha un nome. La confusione dello stato in cui ci troviamo, tra le identificazioni del nostro ego e la coscienza del sé, potrebbe avere quel nome, ma la verità, la realtà della nostra profondità non ha un nome.
L’essere, o la pura essenza delle cose, vanno al di là della nostra comprensione. In quell’enorme profondità non c’è un nome perché non ci sono identità. Vorrei soffermarmi sulle parole: identità e identificazione. Vedete come queste due parole hanno la stessa radice? La prima cosa che tutti i grandi maestri ci hanno insegnato è che occorre non identificarsi con quello che facciamo o che crediamo di essere, perché piano piano dobbiamo entrare nell’ottica della perdita di identità, questa è la ricerca del sé.
L’identità è una specie di centro che il nostro ego vorrebbe fosse solo nostro. Mentre la perdita d’identità deriva dalla consapevolezza che un centro per ogni persona non possa esistere, ma che esiste un centro unico che si esprime in infiniti modi, per tutto ciò che esiste nell’universo. E’ come se con un compasso disegnassimo infiniti cerchi a partire da un unico centro. Ogni cerchio potrebbe dire che il centro è il suo, ma in realtà si tratta di un unico centro che origina tutti i cerchi che partono da esso.
Alla fine cos’è l’ego dunque? E’ un utilità, un tool per dirla con un linguaggio moderno, che permette di bypassare il problema della perdita di identità quando non siamo preparati. E’ come il nome che abbiamo: serve per rendere più facili le relazioni sociali, ma il fatto che serva non significa che esiste. Infatti non esiste ma è solo uno stratagemma, come l’ego. Quindi l’ego è uno stratagemma, non è né buono né cattivo, ma è utile per poter superare alcuni evidenti problemi. L’importante è non lasciarsi convincere troppo, ed usarlo sapendo che spesso ci sta mentendo, anche se per fini buoni.
by Wenz
(articolo ispirato dagli insegnamenti dei maestri Osho e Gurdjieff)
Fonte
Pubblicato da Risveglio Globale
Sapere di essere qualcosa di definito, con confini ben delimitati, è tranquillizzante per la nostra mente. Purtroppo non abbiamo, se non dopo un lavoro di consapevolezza profonda, la capacità di elaborare una situazione differente da quella di vederci come un essere ben distinto da ciò che ci circonda. Sapere che esistono una profondità e una complessità maggiori in noi sarebbe poco pratico e destabilizzante.
L’ego è quindi quell’identificazione quotidiana che serve a semplificare le nostre vite, facilitando i rapporti sociali tra le persone, ma che può portarci molto lontano dalla “verità” delle cose, ritardando la coscienza del sé. Tutto quel mondo sconosciuto che abbiamo al nostro interno, non è infatti racchiudibile in un’unica personalità, e comunque vi sono così tanti aspetti del nostro essere che non immaginiamo nemmeno, talmente tanto distanti dall’attuale concezione media, che per digerirli avremmo bisogno di un lungo periodo ed esperienze formative profonde.
Facciamo un esempio. Ognuno di noi ha un nome che gli viene dato alla nascita. Si tratta di un’invenzione dei nostri genitori e, sentendoci chiamare sempre così, ci siamo identificati con questo nome. E’ sceso così in profondità che possiamo sentirci chiamare anche durante il sonno e rispondere, ma in realtà nessuno di noi ha un nome. La confusione dello stato in cui ci troviamo, tra le identificazioni del nostro ego e la coscienza del sé, potrebbe avere quel nome, ma la verità, la realtà della nostra profondità non ha un nome.
L’essere, o la pura essenza delle cose, vanno al di là della nostra comprensione. In quell’enorme profondità non c’è un nome perché non ci sono identità. Vorrei soffermarmi sulle parole: identità e identificazione. Vedete come queste due parole hanno la stessa radice? La prima cosa che tutti i grandi maestri ci hanno insegnato è che occorre non identificarsi con quello che facciamo o che crediamo di essere, perché piano piano dobbiamo entrare nell’ottica della perdita di identità, questa è la ricerca del sé.
L’identità è una specie di centro che il nostro ego vorrebbe fosse solo nostro. Mentre la perdita d’identità deriva dalla consapevolezza che un centro per ogni persona non possa esistere, ma che esiste un centro unico che si esprime in infiniti modi, per tutto ciò che esiste nell’universo. E’ come se con un compasso disegnassimo infiniti cerchi a partire da un unico centro. Ogni cerchio potrebbe dire che il centro è il suo, ma in realtà si tratta di un unico centro che origina tutti i cerchi che partono da esso.
Alla fine cos’è l’ego dunque? E’ un utilità, un tool per dirla con un linguaggio moderno, che permette di bypassare il problema della perdita di identità quando non siamo preparati. E’ come il nome che abbiamo: serve per rendere più facili le relazioni sociali, ma il fatto che serva non significa che esiste. Infatti non esiste ma è solo uno stratagemma, come l’ego. Quindi l’ego è uno stratagemma, non è né buono né cattivo, ma è utile per poter superare alcuni evidenti problemi. L’importante è non lasciarsi convincere troppo, ed usarlo sapendo che spesso ci sta mentendo, anche se per fini buoni.
by Wenz
(articolo ispirato dagli insegnamenti dei maestri Osho e Gurdjieff)
Fonte
Pubblicato da Risveglio Globale
Nessun commento:
Posta un commento